Sala 4
CORRIDOIO D'INGRESSO
Nella quarta sala il tema è la venerazione per la Vergine e i Santi.
Al centro della sala si trovano tre capolavori: il Pastorale (1517) di scuola sulmonese; la Casula, manufatto tessile di età medievale, e la Croce processionale, dell’ orafo abruzzese Nicola da Guardiagrele.
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Audioguida introduttiva
Sala 4
Nella quarta sala il tema della venerazione per la Vergine e i Santi si evolve attraverso una ricca collezione di opere, testimoni di un patrimonio storico di inestimabile valore artistico…
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Nella quarta sala il tema della venerazione per la Vergine e i Santi si evolve attraverso una ricca collezione di opere, testimoni di un patrimonio storico di inestimabile valore artistico. Queste opere provengono da luoghi di culto ormai scomparsi, come la chiesa di San Martino, o in attesa di essere restaurati, come la cappella della Confraternita di Maria Santissima Addolorata in Santa Lucia.
Da quest’ultima proviene la Madonna Addolorata realizzata nel 1733 dallo scultore lancianese Domenico Renzetti nato a Lanciano nel 1679 e morto nel 1750, con i sette tondi raffiguranti i sette dolori di Maria.
Al centro della sala si trovano tre capolavori: partendo dalla destra troviamo il Pastorale, realizzato nel 1517 da scuola sulmonese, appartenne al primo Vescovo di Lanciano Angelo Maccafani (1515-1529). Al centro è la Casula, raro manufatto tessile di età medievale recuperato solo nel 2014 in un foro della Torre della Candelora, ovvero l’antico campanile sopravvissuto alla scomparsa della Chiesa di San Giovanni Battista a Lanciano. Confezionato presumibilmente intorno alla metà del XV secolo, l’indumento sacerdotale utilizza materiali tessili di reimpiego più antichi: un sontuoso tessuto del XIV secolo e una croce figurata a ricamo risalente al primo decennio del XV secolo. A sinistra è la Croce processionale della seconda metà del 1400 proveniente dalla chiesa di Sant’Agostino e attribuita al grande orafo abruzzese Nicola da Guardiagrele (ivi nato prima del 1389 e morto tra il 1456 e il 1459). Benchè assai più modesta della quasi coeva croce che si ammira nella chiesa di Santa Maria Maggiore datata al 1422, questa si propone, per stile e disegno, come un’opera straordinariamente innovativa rispetto alla tradizione precedente e rivela la capacità tecnica assolutamente fuori dal comune del suo autore, che realizza figure a tutto tondo completamente a sbalzo e cesello, con precisione magistrale.
Ultimo capolavoro della sala di altissimo rilievo è il dipinto raffigurante la Madonna con Bambino in trono, San Nicola di Myra e San Giovanni Evangelista, opera del pittore Polidoro da Lanciano ivi nato nel 1510. Il dipinto, proveniente dalla chiesa di San Nicola di Lanciano, fu scoperto nel 1912 dal celebre studioso Bernard Berenson, che lo attribuì all’artista oggi identificato come Polidoro di Mastro Renzo, lancianese emigrato precocemente a Venezia, inseritosi nell’orbita del grande Tiziano Vecellio e attivo in laguna fino alla morte, avvenuta nel 1565.
Casula di Lanciano
Pianeta detta ‘Casula di Lanciano’
Manifattura dell’Italia meridionale
seta, velluto e lino
alt. 135 cm recto x alt. 136 cm verso,x largh. 89 cm
Inizi del XIV secolo (tessuto di fondo); primo decennio del XV secolo (croce figurata)
Già nel campanile della Chiesa di San Giovanni Battista a Lanciano (Torre della Candelora)
Straordinario e complesso manufatto tessile di età medievale già occultato e recuperato solo nel 2014 in precarie condizioni conservative in un foro della Torre della Candelora...
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Straordinario e complesso manufatto tessile di età medievale già occultato e recuperato solo nel 2014 in precarie condizioni conservative in un foro della Torre della Candelora, ovvero l’antico campanile sopravvissuto alla scomparsa della Chiesa di San Giovanni Battista a Lanciano, è la veste sacerdotale già identificata come casula ma corrispondente tipologicamente alla pianeta dalla forma detta ‘romana’, diffusa sul territorio italiano fin dai primordi del Medioevo.
Se la casula ha la caratteristica predominante di essere ampia, avvolgente e con una forma tipicamente a campana, la pianeta è invece più corta meno maestosa in modo da agevolare i movimenti del celebrante che la indossava durante le celebrazioni liturgiche.
Il complesso e delicato intervento di restauro conservativo al quale è stato sottoposto il manufatto contestualmente al programma “Restituzioni. Tesori d’arte restaurati” nell’edizione 2016 dell’ambizioso programma biennale di restauri di opere d’arte promosso e curato da Intesa Sanpaolo ha rivelato particolari eccezionali indicativi di una continuità di utilizzo nei secoli, come la presenza di tagli e cuciture riferibili ad antichi interventi sartoriali messi in atto con lo scopo di colmare le porzioni di tessuto mancante e per riunire in un’unica veste liturgica tessuti e ricami già precedentemente utilizzati. Il risultato finale è un paramento liturgico caratterizzata dall’intreccio di vari tessuti, una più ampia gamma di colori e di diverse tipologie di ricami, che insieme restituiscono un manufatto di straordinaria complessità.
Croce processionale
Nicola da Guardiagrele (Guardiagrele prima del 1389 – ivi? tra il 1456 e il 1459) e Bottega Scuola guardiese della seconda metà del XV secolo
argento a sbalzo, fusione, cesello e bulino, parzialmente dorato, rame a sbalzo, fusione e cesello, dorato, smalti champlevé e smalti traslucidi
cm 62x49
Già nella chiesa di Sant’Agostino
La croce, riemersa dalla soffitta della chiesa di Sant’Agostino di Lanciano alla fine del XIX secolo e quasi da subito riferita a Scuola guardiese dagli studiosi locali…
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La croce, riemersa dalla soffitta della chiesa di Sant’Agostino di Lanciano alla fine del XIX secolo e quasi da subito riferita a Scuola guardiese dagli studiosi locali, che in seguito l’hanno assegnata al grande orafo abruzzese in persona, è stata presa in considerazione solo a partire dagli anni Ottanta dalla critica, pressoché unanime nell’assegnarla al maestro, avvalsosi dell’ampia collaborazione della bottega, giustificando l’assenza della firma o con la presenza di questa su una delle parti della lamina di rivestimento scomparse, o sul nodo originario perduto, essendo quello attuale, a forma di tempietto, gotico con le nicchie cuspidate senza più i santi di un tempo, sempre di scuola guardiese ma più tardo e di fattura grossolana, oltreché fuori scala. La critica è discorde invece circa la datazione: le proposte vanno dalla fase giovanile, a quella tarda precedente la croce di San Giovanni in Laterano a Roma, del 1451.
Essa si presenta assai lacunosa nel verso: manca parte del rivestimento in argento dal fitto decoro a racemi, foglie, fiori, ripetuto al recto (i fianchi presentano un motivo a girali fogliati e fioriti, come pure la figura del Redentore al centro, di cui resta solo il clipeo in smalto champlevé, e l’angelo attributo dell’evangelista Matteo nel terminale in basso, parte del terminale di sinistra col toro di San Luca, la testa dell’aquila di San Giovanni in quello in alto (integro al contrario il destro col leone di San Marco); ci sono invece tutte le splendide medaglie in smalto traslucido con santi, di cui è incerta l’identificazione, opera di un anonimo smaltista al quale si rivolgeva Nicola.
Meglio conservato il recto, anche se con ammaccature e rotture: mancano alcune delle placchette di smalto champlevé dell’albero della croce, sul quale è la figura a tutto tondo di Cristo, e gli attributi che distinguevano i due santi nei terminali in alto, e in basso, per i quali sono stati fatti rispettivamente i nomi di Stefano e Lorenzo (per il diacono), e di Agostino e Biagio (per il vescovo), il secondo santo, titolare della parrocchia soppressa la cui cura delle anime passò nell’Ottocento alla chiesa di Sant’Agostino; in ottimo stato il terminale di sinistra con la Maddalena e la Madonna e l’altro di destra con San Giovanni.
Pastorale
Ambito abruzzese
argento fuso, sbalzato, inciso, cesellato e dorato, smalto traslucido.
168 cm x 15 cm.
Sec XV
Già nella Cattedrale della Madonna del Ponte
Il baculo pastorale o più semplicemente pastorale è un bastone dall’estremità superiore ricurva e spesso riccamente decorato...
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Il baculo pastorale o più semplicemente pastorale è un bastone dall’estremità superiore ricurva e spesso riccamente decorato, usato dal vescovo nelle cerimonie più solenni a simboleggiare dignità e autorità episcopale. È composto da un’asta alla cui estremità bassa è posta una punta, mentre l’altra parte, chiamata riccio, è ricurva. Tra il riccio e l’asta si trova il nodo.
Il nostro pastorale fu realizzato nel 1517 da scuola sulmonese a appartenne al primo Vescovo di Lanciano Angelo Maccafani.
Nel nodo del bastone si trovano sei medaglioni a forma di mandorla o goccia. Al loro interno si trova lo stemma della città di Lanciano seguito dallo stemma del vescovo Angelo, entrambi sono replicati tre volte e sei stemmi si susseguono alternati tra di loro. Sopra il nodo un cilindro dorato modellato a forma di torre sotto cui si aprono in ogni lato delle nicchie. Conclude l’opera un riccio che termina con la testa di un animale fantastico, assimilabile ad un leone o un drago con la bocca spalancata. Il riccio inquadra il gruppo di micro sculture con L’Angelo annunciante e la Vergine annunciata, che hanno pose eleganti e vesti ben drappeggiate. L’anima del pastorale è in legno.
Polidoro di Mastro Renzo detto Polidoro da Lanciano
(Lanciano 1510 ca. – Venezia 1565)
Madonna con Bambino in trono, San Nicola di Myra e San Giovanni Evangelista
olio su tavola
cm 136x125
1545-50 ca.
Già nella chiesa di San Nicola
L’opera, dipinta a olio su tavola, è composta secondo lo schema della Sacra Conversazione, ambientata all’aperto sullo sfondo di un cielo azzurro solcato di nuvole...
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L’opera, dipinta a olio su tavola, è composta secondo lo schema della Sacra Conversazione, ambientata all’aperto sullo sfondo di un cielo azzurro solcato di nuvole. Al centro, è la Vergine Maria, seduta su un trono posto in una nicchia introdotta da due colonne, dietro le quali si apre uno spazio semicircolare con calotta dorata. La Madonna, vestita con un’ampia tunica rosacea e coperta da un manto blu, solleva con una mano il candido panno di lino sul quale è adagiato il Bambino, cingendogli con l’altra il fianco, mentre il Figlio si protende verso il breviario tenuto dalla figura alla sua sinistra, assorta nella lettura. Questa indossa un piviale verde e una stola dorata e ricamata; la testa quasi calva e la barba canuta ne testimoniano l’età veneranda, mentre gli attributi del pastorale, retto con la mano sinistra, e della mitra, poggiata ai suoi piedi, lo qualificano come vescovo: che si tratti di San Nicola di Myra è suggerito dal contesto di provenienza del dipinto, già nella chiesa lancianese con questo titolo. Sul lato opposto è San Giovanni Evangelista, presentato in posa di tre quarti nel suo tipico aspetto giovanile, qui caratterizzato da lunghi capelli ricciuti, con indosso una tunica verde chiara sormontata dalla toga rosacea e il canonico attributo del calice eucaristico nella mano sinistra.
Il dipinto venne scoperto nel 1912 dal celebre studioso Bernard Berenson, che lo attribuì all’artista oggi identificato come Polidoro di Mastro Renzo, lancianese emigrato precocemente a Venezia, inseritosi nell’orbita del grande Tiziano Vecellio e attivo in laguna fino alla morte, avvenuta nel 1565. Al tempo, il quadro si trovava ancora nella chiesa di San Nicola, da dove fu rimosso a causa delle cattive condizioni conservative, solo in parte rimediate dal successivo restauro, come può notarsi dalle lacune rimaste sul viso della Madonna. Gli studi più recenti hanno confermato l’attribuzione, datando l’opera intorno alla metà del XVI secolo per via degli spunti manieristici, dalla ricchezza di cangiantismi e variazioni luministiche, tipici della pittura veneta del tempo e ancora apprezzabili nelle parti meglio conservate. Non sono note informazioni sulla committenza, ma da annotazioni manoscritte sembra che la tavola si trovasse già nel XVII secolo a Lanciano, lasciando aperta l’ipotesi che si tratti dell’unica creazione nota di Polidoro per la sua patria.
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