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Sala 5

CORRIDOIO D'INGRESSO

La quinta sala è dedicata alla figura di Cristo e al significato della sua Redenzione attraverso il sacrificio sulla croce. La sala espone l’opera più significativa dell’intera raccolta museale, il Cristo Portacroce risalente al XV secolo.

Degni di nota nella sala sono anche i due dipinti raffiguranti l’Addolorata e il Compianto di Cristo, ritenute copie di originali ad opera di Francesco de Mura, allievo del più grande artista della scuola pittorica napoletana Francesco Solimena.

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Sala 5

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La quinta sala è dedicata alla figura di Cristo e al significato della sua Redenzione attraverso il sacrificio sulla croce

La quinta sala è dedicata alla figura di Cristo e al significato della sua Redenzione attraverso il sacrificio sulla croce. Sulla parete destar è esposta l’opera più significativa dell’intera raccolta museale: il Cristo Portacroce: proveniente dalla chiesa di Santa Maria Maggiore presenta l’iconografia del Cristo portacroce, originatasi dal racconto della Passione, secondo una variante a taglio ravvicinato diffusasi nel corso del XV secolo tra nord Europa e Italia settentrionale, mirante a coinvolgere emotivamente il fedele. Il modello specifico può rintracciarsi in una fortunata composizione elaborata alla fine del Quattrocento a Venezia nella bottega di Giovanni Bellini, oggi nota in diverse redazioni, la più pertinente delle quali è conservata nel museo Isabella Stewart-Gardner a Boston. 

Degni di nota nella sala sono anche i due dipinti raffiguranti l’Addolorata e il Compianto di Cristo provenienti dalla chiesa di San Nicola. Realizzati nel 1731 questi dipinti sono considerati copie di originali riconducibili probabilmente alla mano di Francesco de Mura (nato a Napoli nel 1696 ed ivi morto nel 1792), allievo del più grande artista della scuola pittorica napoletana Francesco Solimena (nato a Canale di Serino nel 1657 e morto a Barra nel 1747). Conclude la sala il grande affresco con la Crocifissione datato al XV secolo e staccato dalla chiesa di San Mauro a Lanciano prima della sua demolizione avvenuta negli anni ’30 del 1900.

Cristo portacroce

Anonimo veneto

olio su tavola
cm 52 x 44,5
1525-1550 ca.
Già nella chiesa di Santa Maria Maggiore

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Il dipinto presenta il Cristo di profilo, a mezzobusto, mentre sorregge la croce con entrambe le braccia, con il capo lievemente voltato a sinistra ad assecondare la direzione dello sguardo

Il dipinto presenta il Cristo di profilo, a mezzobusto, mentre sorregge la croce con entrambe le braccia, con il capo lievemente voltato a sinistra ad assecondare la direzione dello sguardo. Il Messia è vestito con una tunica scarlatta, decorata da listature dorate e da una fascia ricamata al braccio; la testa è coronata da un ramo spinoso; sulla fronte sono visibili le ecchimosi prodotte da graffi e punture, poco al di sotto della scriminatura che divide la lunga capigliatura ricadente in ciocche sulle spalle. La barba, rada e fulva intorno alle labbra socchiuse, s’infittisce all’altezza del mento, mentre quasi sparisce dalla gota sinistra: l’effetto si deve in parte ai restauri che hanno alterato questa zona del quadro. Lo sfondo della scena, completamente nero, evidenzia per contrasto l’illuminazione chiara che investe da sinistra la figura del Salvatore, adombrando la parte retrostante della croce.

Il quadro presenta l’iconografia del Cristo portacroce, originatasi dal racconto della Passione, secondo una variante a taglio ravvicinato diffusasi nel corso del XV secolo tra nord Europa e Italia settentrionale, mirante a coinvolgere emotivamente il fedele, soprattutto in contesti di devozione privata. Il modello specifico può rintracciarsi in una fortunata composizione elaborata alla fine del Quattrocento a Venezia nella bottega di Giovanni Bellini, oggi nota in diverse redazioni, la più pertinente delle quali è conservata nel museo Isabella Stewart-Gardner a Boston.

La tavola per la quale non sono disponibili notizie antiche, ma è nota la provenienza dalla chiesa lancianese di Santa Maria Maggiore, si differenzia dal quadro di Boston per un’illuminazione più fredda e per la sanguigna colorazione della veste del Cristo. Questi e altri particolari fanno sospettare una relazione mediata o, comunque, una datazione posticipata rispetto ai prototipi, da collocarsi nel secondo quarto del XVI secolo. Le qualità tonali della pittura, evidenti soprattutto nell’impasto cromatico della tunica, permettono di attribuirne l’esecuzione a un artista di cultura veneta, forse un pittore di terraferma che, nell’enfatizzare gli aspetti luministici, risentì delle coeve ricerche dei colleghi lombardi.

Madonna addolorata

Ambito napoletano

olio su tela
207 cm x 153 cm
1731
Già nella chiesa di San Nicola

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Rinvenuta nel deposito della chiesa di San Nicola di Lanciano, la grande tela presenta un impianto compositivo fatto di colori brillanti e panneggi morbidi e corposi riconducibile probabilmente alla

Rinvenuta nel deposito della chiesa di San Nicola di Lanciano, la grande tela presenta un impianto compositivo fatto di colori brillanti e panneggi morbidi e corposi riconducibile probabilmente alla mano di Francesco de Mura (Napoli 1696 – 1792), pittore napoletano allievo di Francesco Solimena (Canale di Serino, 1657 – Barra, 1747). La vergine Addolorata è rappresentata seduta sul sepolcro: gli occhi sono rovesciati, le labbra socchiuse e il corpo abbandonato con le braccia allargate mentre il capo viene sorretto da un angelo che rivolge lo sguardo verso il basso dove ci sono gli strumenti del martirio di Gesù posti in primo piano sulla sinistra (le tenaglie, i chiodi, il piatto, la corona di spine e il cartiglio con la scritta INRI). 

Il restauro degli anni ’90 ha fatto riemergere il cromatismo e la vivida luce che colpisce frontalmente l’immagine evidenziando il volto straziato della Madonna.

La tela è da considerare in pendant con il “Compianto sul Cristo Morto” posto di fronte, di analogo formato, caratteri compositivi, stile, datazione e provenienza. 

Contatti

Largo dell’Appello 2 Lanciano Chieti 66034 Italia