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Sala 6

CORRIDOIO D'INGRESSO

La sesta sala è dedicata al tema della venerazione per i Santi e ospita anche opere provenienti dalle parrocchie del quartiere Lancianovecchio, soppresse nell'Ottocento e successivamente demolite.

Le bacheche espongono oggetti liturgici come calici, pissidi, ostensori e croci processionali, datati dal XIV al XIX secolo. All’uscita della sala si trova una pala che raffigura il Miracolo della profanazione dell'ostia avvenuto nel 1273 a Lanciano.

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Sala 6

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La sesta sala è dedicata al tema della venerazione per i Santi e ospita anche opere provenienti dalle parrocchie del quartiere Lancianovecchio, soppresse nell’Ottocento e successivamente demolite

La sesta sala è dedicata al tema della venerazione per i Santi e ospita anche opere provenienti dalle parrocchie del quartiere Lancianovecchio, soppresse nell’Ottocento e successivamente demolite, tra cui la statua di San Lorenzo del XV secolo, e la pala di San Maurizio dipinta nella metà del XVII secolo. Dall’Oratorio dell’Addolorata in Santa Lucia provengono i busti degli Evangelisti Marco e Luca datati 1778, insieme a due ovali raffiguranti San Giuseppe e San Francesco di Paola.

 

Le bacheche espongono oggetti liturgici come calici, pissidi, ostensori (nella teca all’ingresso) e croci processionali (nella teca al cento della sala), datati dal XIV al XIX secolo.

I calici, provenienti da diversi luoghi di culto nel territorio diocesano, sono esposti cronologicamente, permettendo di apprezzare l’evoluzione stilistica da metà del XVII secolo ai primi dell’800, riflettendo il passaggio da stili manieristi a barocchi e neoclassici. I punzoni indicano gli argentieri napoletani delle varie epoche.

Le pissidi, vasi liturgici che conservano le particole consacrate, provengono da vari luoghi di culto e mostrano una raffinata lavorazione, specialmente quelle incise con simboli della passione dalla bottega napoletana degli Scognamiglio. Esse sono esposte in ordine cronologico, evidenziando l’evoluzione stilistica nel corso di tre secoli, con la più antica datata al 1579 e firmata dall’argentiere Ciucci.

Tra gli Ostensori, oggetti utilizzati per esporre all’adorazione dei fedeli l’ostia consacrata, di particolare rilievo risulta l’esemplare appartenente alle botteghe dei mastri orafi abruzzesi realizzato nel XV secolo e proveniente dalla chiesa di Sant’Agostino e il più neoclassico realizzato dall’argentiere napoletano Domenico Capozzi tra il 1823 e il 1832.  

Le croci esposte nella teca al centro della sala illustrano l’evoluzione stilistica delle croci processionali che vanno dal XIV al XIX secolo.

Uscendo dalla sala, si trova una pala che raffigura il Miracolo della profanazione dell’ostia avvenuto nel 1273 a Lanciano, conservato anche ad Offida.

Miracolo della profanazione dell'ostia

Ambito abruzzese

olio su tela
187 cm x 113 cm
Sec XVII
Già nella chiesa di Sant’Agostino

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Il dipinto rappresenta il Miracolo della Profanazione dell’ostia avvenuto a Lanciano nel 1273. La tradizione narra che nella seconda metà del ‘200 una donna chiamata Ricciarella, moglie di Jacopo Stazio

Il dipinto rappresenta il Miracolo della Profanazione dell’ostia avvenuto a Lanciano nel 1273. La tradizione narra che nella seconda metà del ‘200 una donna chiamata Ricciarella, moglie di Jacopo Stazio, per riconquistare l’amore del marito, su consiglio di una donna più anziana, pose un’ostia consacrata su una tegola arroventata per ricondurre a sé lo sposo. Dalla particola cominciò a sgorgare del sangue e Ricciarella inorridita avvolse tutto in uno strofinaccio e lo nascose sotto il fieno della sottostante stalla. Quando, giunta la sera, il marito cercò di far rientrare l’asino nella stalla l’animale, violentemente strattonato, vi si introdusse in ginocchio. Solo nel 1280 Ricciarella, sconvolta, riuscì a confessare il suo misfatto ad un frate dell’attiguo Monastero di Sant’Agostino, che recatosi sul luogo pare ritrovasse l’involucro e al suo interno la particola ancora sanguinante. Il frate condusse le reliquie nel suo paese, Offida, nelle Marche, e da allora iniziò la venerazione delle tre Santissime Reliquie. Nel maggio 2003 grazie alla donazione di Monsignor Giuseppe Sergiacomi, due frammenti del coppo in cui venne apposta l’ostia e dello strofinaccio dove venne avvolta, sono tornati a Lanciano e tutt’ora conservati nella chiesa di Santa Croce, come testimonianza visibile del miracolo nel luogo in cui esso avvenne. Dall’epoca del miracolo si diffuse nei paesi vicini l’uso di indicare i lancianesi come “frijaCriste” ovvero “friggitori di Cristo”, ritenendoli pertanto capaci di qualsiasi altra nefandezza.

Un prezioso documento narrativo del miracolo eucaristico di Offida esiste da secoli nel duomo di Orvieto con dipinti risalenti al 1357.

Il nostro dipinto rappresenta in primo piano il momento del sanguinamento dell’ostia: sulla sinistra è raffigurata Ricciarella inginocchiata davanti alla fattucchiera che le mostra la tegola con dentro l’ostia sanguinante avvolta in un panno. In alto a destra in un piccolo riquadro è raffigurato il momento in cui il marito di Ricciarella cerca di far rientrare l’asino in ginocchio nella stalla.

Ostensorio

Argentiere napoletano: Domenico Capozzi

argento parzialmente dorato e rame dorato
cm 67,5x24,2x15,5
tra il febbraio 1823 e il dicembre 1832

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L’ostensorio, a raggiera e con fusto figurato, è realizzato a sbalzo e cesello, con parti a fusione; reca insieme al punzone di Domenico Capozzi

L’ostensorio, a raggiera e con fusto figurato, è realizzato a sbalzo e cesello, con parti a fusione; reca insieme al punzone di Domenico Capozzi, il bollo di garanzia con la testina di Partenope di profilo e a lato il numero 8 (per il titolo dell’argento, millesimo 883 e 1/3), introdotto a Napoli a seguito del decreto del 15 dicembre 1823 e rimasto in uso fino al successivo decreto del 18 febbraio 1832, che farà precedere il numero dalla lettera N (per nostrale).

Su alta base, a sezione circolare, provvista di quattro piedini, decorata con baccellature e motivo a greca, e portante lo stemma di monsignor Francesco Maria De Luca, Arcivescovo di Lanciano dal 1818 al 1839, si imposta il fusto, costituito dal globo terracqueo, racchiuso in basso in una corona di teste cherubiche, sopra il quale poggia una coppia di angeli a tutto tondo, sorreggenti il Sacro Cuore di Gesù; il ricettacolo, innestato a baionetta, ha la raggiera ornata ai lati della teca, circolare, con doppia cornice, di ovuli e di perline, da tralci vitinei carichi di grappoli d’uva e nel fastigio da un manipolo di spighe (entrambi allusivi all’Eucarestia).

Si tratta di tipologia settecentesca, comune a più botteghe napoletane, alla quale arrise notevole fortuna dal sesto decennio fino a buona parte del secondo quarto del nuovo secolo: col mutare del gusto a cambiare furono più degli ornati, le basi, che tra la fine degli anni Novanta e gli inizi dell’Ottocento si fecero neoclassiche, come nell’esemplare del Museo.

Pisside

Argentiere napoletano: Giovan Angelo Scognamiglio

argento in parte dorato e rame dorato
cm 26x12,3
fine del XVII secolo

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La pisside, lavoro di fusione, sbalzo, cesello e bulino, reca il marchio NAP coronato seguito dal millesimo, di cui risulta leggibile solo il secondo numero, 9...

La pisside, lavoro di fusione, sbalzo, cesello e bulino, reca il marchio NAP coronato seguito dal millesimo, di cui risulta leggibile solo il secondo numero, 9, e inoltre ha il punzone dell’argentiere, costituito dalle lettere GSM separate da punti, identificato per quello del maestro Giovan Angelo Scognamiglio.

Il piede in rame dorato è decorato da un motivo a ovuli, e con volute e foglie stilizzate: queste ritornano sul nodo ad anfora del fusto, sempre dello stesso metallo. D’argento in parte dorato sono la coppa, e il coperchio con croce apicale a rocchetti, decorati ad incisione: sulla prima compaiono teste cherubiche che si alternano a medaglie con scene della Passione (Cristo nell’orto degli ulivi, Cristo coronato di spine e Cristo flagellato), mentre sulla seconda sempre teste cherubiche, ma alternate a medaglie con gli strumenti della Passione, e un motivo a volute.

Esemplari di modello simile vennero prodotti non solo a Napoli, ma pure in altri centri del Regno, lungo tutto il Seicento e anche per buona parte del secolo seguente, ma l’essere raramente provvisti del marchio dell’Arte e le soluzioni decorative che si ripetono a lungo ne rendono difficile la datazione e l’identificazione del luogo di fabbricazione.

Busto di Sant’Apollonia

Ambito meridionale

Legno scolpito, dipinto e dorato
48x38x30
Inizi del XVII secolo
Già nella Chiesa di Sant’Agostino di Lanciano

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Appartenente alla diffusa tipologia del busto reliquiario è l’esemplare focalizzato sulla rappresentazione iconografica di Sant’Apollonia, venerata e invocata in maniera ampiamente diffusa...

Appartenente alla diffusa tipologia del busto reliquiario è l’esemplare focalizzato sulla rappresentazione iconografica di Sant’Apollonia, venerata e invocata in maniera ampiamente diffusa contro il mal di denti e, con un preciso riferimento al suo martirio narrato da Eusebio di Cesarea, raffigurata nel repertorio pittorico e scultoreo nell’atto di tenere una tenaglia con un dente. 

Il busto lancianese già pertinente alla Chiesa di Sant’Agostino di Lanciano, si inserisce a pieno, tipologicamente e stilisticamente, nella tradizione ampiamente documentata e indagata dalla storiografia in area meridionale tra XVI e XVII secolo della fortuna della scultura lignea dipinta e dorata, in un tentativo di profonda emulazione e assimilazione dei modelli in metallo prezioso. In particolar modo, la diffusione e fortuna di tali esemplari va ricontestualizzata alla loro specifica funzione cultuale e devozionale specifica del clima culturale controriformistico e alla contestuale valorizzazione delle reliquie di santi.

Elementi come la capigliatura, i tratti del volto rilassato e pacato, la gestualità delle mani, la particolare veste cinta in vita e il drappo che la avvolge cadendo delicatamente dalla spalla verso il braccio sinistro e chiudendo al centro con il ricettacolo la composizione all’altezza della cesura del busto reliquiario, denunciano una precisa attenzione ai modelli più noti dell’area napoletana come la Lipsanoteca nella Cappella delle Reliquie all’interno della Chiesa del Gesù Nuovo a Napoli.

Contatti

Largo dell’Appello 2 Lanciano Chieti 66034 Italia