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CORRIDOIO D'INGRESSO

Nella settima sala sono presenti numerose statue vestite chiamate comunemente conocchie, termine che nel dialetto abruzzese indica la rocca, che utilizzata in coppia con il fuso serviva per filare la lana o il cotone.

La tradizione di vestire le statue è un fenomeno che affonda le radici nel Medioevo e si configura come un rituale tipico della religiosità popolare diffuso in diverse parti d’Europa. Tra i vari esemplari esposti nel museo spicca la statua di Santa Chiara di Assisi realizzata intorno alla metà del 1800.

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Sala 7

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Nella settima sala sono presenti numerose statue vestite chiamate comunemente conocchie, termine che nel dialetto abruzzese indica

Nella settima sala sono presenti numerose statue vestite chiamate comunemente conocchie, termine che nel dialetto abruzzese indica la rocca, che utilizzata in coppia con il fuso serviva per filare la lana o il cotone.

La tradizione di vestire le statue è un fenomeno che affonda le radici nel Medioevo e si configura come un rituale tipico della religiosità popolare diffuso in diverse parti d’Europa, in particolare Italia, Francia e Spagna, e dell’America Latina. Solitamente si utilizzavano dei veri e propri manichini rifiniti solo nel viso, nelle mani e nei piedi ossia le parti visibili oltre l’abito, mentre il corpo costituiva l’armatura atta a reggere la veste e i gioielli che adornavano la statua. Grazie al peso ridotto nelle parti non visibili questo tipo di statua era particolarmente adatto per le processioni. Negli ultimi anni le statue vestite e i riti ad esse legati sono divenuti oggetto di studio non solo da parte di storici dell’arte, ma anche di antropologi e sociologi interessati a un fenomeno che vede la commistione di fede, devozione e arte.

Tra i vari esemplari esposti nel museo spicca la statua di Santa Chiara di Assisi realizzata intorno alla metà del 1800 e particolarmente interessante per il fatto di essere a grandezza naturale.

Da collezioni private provengono le numerose statuette dell’Addolorata esposte nelle teche anche se non mancano altri soggetti come una Sant’Anna con Maria bambina, di pregevole fattura settecentesca napoletana.

Corona di statua

Argentiere napoletano: Antonio Caccavallo (?)

argento
cm18x13,5
metà del XIX secolo

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La corona, realizzata, a sbalzo e cesello, con parti a fusione, è compresa nella categoria degli oggetti di arredo delle immagini sacre: purtroppo la statua alla quale

La corona, realizzata, a sbalzo e cesello, con parti a fusione, è compresa nella categoria degli oggetti di arredo delle immagini sacre: purtroppo la statua alla quale in origine apparteneva non è pervenuta. Essa reca insieme al punzone dell’argentiere, costituito dalle lettere AC, dubitativamente identificato in quello del maestro Antonio Caccavallo, patentato nel 1832, il bollo di garanzia con la testina di Partenope di profilo e a lato la lettera n (per nostrale) sovrastante il numero 8 (per il titolo dell’argento, millesimo 883 e un 1/3), introdotto a Napoli a seguito del decreto del 18 febbraio 1832 e rimasto in uso anche dopo l’Unità d’Italia, fino al 1872. Si compone di un cerchio rigido di base, sul cui orlo sono impressi i bolli di cui sopra, dal quale parte il fastigio costolato, che culmina, mediante raccordo, nel globo con crocetta apicale raggiata. Il ricco decoro di gusto eclettico, fatto di volute, foglie, fiori, suggerisce una datazione attorno alla metà dell’Ottocento.

Santa Chiara d’Assisi

Ignoto scultore napoletano

legno, tessuto, metallo manichino vestito
h cm 160
1855 ca.
Già nella chiesa di Santa Chiara

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La statua rappresenta, a grandezza naturale, la fondatrice dell’Ordine delle clarisse, Santa Chiara di Assisi, canonizzata nel 1255, a due anni dalla morte accaduta nel

La statua rappresenta, a grandezza naturale, la fondatrice dell’Ordine delle clarisse, Santa Chiara di Assisi, canonizzata nel 1255, a due anni dalla morte accaduta nel 1253, dopo quarantadue anni di vita claustrale, nel monastero di San Damiano della città umbra, nella quale era nata, da famiglia nobile, nel 1193. Si tratta di un manichino composto da due parti, unite tra loro: il busto, con la testa e gli arti (snodabili) scolpiti a tutto tondo e dipinti in policromia negli elementi visibili, e la struttura inferiore, dalla forma a gabbia, realizzata con doghe in legno;  l’abito monacale nero che indossa, come pure la sottoveste bianca ornata da una fascia di merletto, non è l’originale ma si deve a un rifacimento verosimilmente del 1921, data del restauro della chiesa di Lanciano, dedicata alla Santa, dove la statua rimase fino agli anni Cinquanta quando venne rimossa e sostituita nella nicchia del dossale dell’altare maggiore da un esemplare in cartapesta di identico soggetto, ottemperando ai ripetuti richiami all’attenzione dei rettori delle chiese fatti dalla Sacra Congregazione dei Riti sulla presenza dei manichini vestiti non consona negli edifici di culto. L’iconografia segue quella tradizionale: la santa, raffigurata in età giovanile, regge con la mano destra una pisside di metallo – pure questa di primo Novecento – allusiva ad un evento prodigioso, riferito dalla Legenda S. Clarae Virginis di Tommaso da Celano, avvenuto nel 1240 durante l’assedio di Assisi, la fuga delle milizie saracene che erano al seguito dei soldati dell’imperatore Federico II e avevano assaltato il monastero di San Damiano alla vista di Chiara mostratasi loro sulla porta dell’edificio col prezioso cofanetto contenente l’ostia consacrata, invocando la protezione di Cristo per lei e le consorelle; nella mano sinistra invece doveva tenere un giglio, altro suo attributo. La scultura, dal volto (gli occhi sono di vetro) di fissità atona, si qualifica per prodotto seriale di bottega napoletana della metà dell’Ottocento: realizzata secondo la tipologia del manichino vestito forse per il peso minore, venendo calata a terra dalla nicchia in occasione della festa della Santa, che a Lanciano le monache solennizzavano il 12 agosto “con gran pompa e scelta musica”. L’anno di esecuzione probabilmente è il 1854, quando Demetrio Tenaglia di Orsogna ultimò la decorazione a stucco della ristrutturata chiesa, o il successivo quando gli altari minori si ornarono dei prestigiosi quadri di Francesco Paolo Palizzi. 

Contatti

Largo dell’Appello 2 Lanciano Chieti 66034 Italia